Greta Thunberg non ha più bisogno di presentazioni. La ragazza svedese, appena sedicenne, con lo sciopero iniziato ad agosto del 2018, è stata in grado di mobilitare il mondo intero per l’emergenza climatica con manifestazioni che, nell’ultima settimana, in vista del summit Onu sul clima, hanno coinvolto 150 paesi e le maggiori capitali mondiali.
E tutto questo è partito da una ragazza timida, scontrosa, a tratti gelida nello sguardo.
La sua figura è divenuta così importante a livello mediatico, e la sua battaglia così popolare, che, inevitabilmente, sono arrivate anche le critiche. Tuttavia, il livello delle critiche rivolte alla Thunberg preoccupa non poco: nessuna, o pochissime, nel merito del global warming, che ricordiamo, non è un’opinione sul clima, ma una ‘certezza’ sostenuta dalla stragrande maggioranza delle ricerche scientifiche, con sparute eccezioni.
Quello che invece si è verificato ha riguardato veri e propri attacchi personali, paranoie complottiste, commenti e analisi sulla sua salute mentale e insinuazioni sulle ‘manovre’ e sui condizionamenti da parte dei poteri forti sulla ragazza.
Gli haters di tutto il mondo si sono scatenati e hanno dato il peggio di sé. Riferendosi alla sua ‘Sindrome di Asperger’, forma lieve di autismo diagnosticata a G.T. 5 anni fa, hanno definito la ragazza ‘ritardata compulsiva’, ‘fissata’ e ‘psicopatica’, per riportare solo le offese più educate.
Lo stigma legato al disagio mentale si è espresso in tutta la sua violenza: da una parte, la personalità, l’unicità, di Greta, annullata dalla diagnosi, dall’altra, le sue azioni e le sue parole, ridotte a mero effetto di una patologia mentale sottostante.
Basta un momento, una battuta, pochi caratteri su twitter e ciò che riguarda Greta l’attivista, con la sua storia, scompare.
Questa forma di stigma colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Persone fragili che vivono un contesto di vita precario. Per questo, attraverso l’esempio di Greta, è importante fare chiarezza.
Partiamo dalle basi.
Cos’è la Sindrome di Asperger?
“Questa sindrome fa parte dei “disordini pervasivi dello sviluppo”, ovvero quel gruppo di malattie che riguardano il comportamento e la socialità. Si manifesta nei bambini fra i 4 e gli 11 anni di età ed è più frequente nei maschi. Prende il nome dal pediatra viennese Hans Asperger, che all’inizio del Novecento descrisse il comportamento di quelli che egli stesso definì “piccoli professori”, ovvero bambini dal carattere solitario, goffi nei movimenti, che stavano spesso isolati dai loro coetanei e avevano difficoltà a comunicare e a relazionarsi con gli altri, ma che, al tempo stesso, coltivavano i loro interessi (musica, scienza, letteratura, matematica, collezionismo) con una dedizione particolare, fino a diventare dei veri e propri esperti.” (https://www.uppa.it/medicina/malattie-e-disturbi/sindrome-di-asperger/)
Cosa può comportare questa Sindrome?
Difficoltà nelle relazioni sociali, iper-sensibilità a livello sensoriale, difficoltà nel controllo, gestione ed espressione delle emozioni, un rapporto iper-razionale con il mondo, abitudini rigidi e tendenza all’ossessività e a comportamenti stereotipati per controllare l’ansietà, interessi ristretti. Sono persone che fanno un’enorme fatica nelle situazioni sociali, che spesso risultano per loro troppo stressanti e di difficile interpretazione.
Non ‘sentono’, a livello pre-riflessivo ed emotivo, la ‘normalità’: non si ‘sintonizzano’, come impariamo ben presto tutti a fare, a livello emotivo, con le norme basate sul senso comune, ma analizzano il mondo e le interazioni sociali a livello razionale.
In altre parole, per gli ‘Aspie’ (così si chiamano tra loro le persone con la ‘Sindrome di Asperger’) è normale analizzare le ‘convenzioni sociali’ secondo ragione e attraverso la razionalità, piuttosto che attraverso l’imitazione e l’intuito, in automatico, come fanno i più.
E questo è dovuto ad un modo molto diverso di percepire il mondo rispetto alla maggioranza delle persone.
Ciò significa che le persone affette dall’Asperger sono portate a ragionare su ciò che i più considerano ovvio, anche le consuetudini più scontate. E questa caratteristica comporta grandi fatiche e svantaggi, ma anche la possibilità di vedere aspetti della realtà ignorati e/o dimenticati dai più.
Nel descrivere queste caratteristiche, però, serve restare cauti: è fondamentale ricordarsi che non esistono due ragazzi/e con Asperger identici: ognuno ha la propria storia, il proprio mondo, il proprio modo di provare ed esprimere emozioni.
In questo, è fondamentale superare una visione eccessivamente sanitaria che ha fatto presa sul senso comune nel modo di parlare delle persone con un disagio mentale (o una disabilità) e “il movimento della neurodiversità offre una contro-narrativa al modello medico. La neurodiversità è definita come un paradigma bio-politico interessato alla promozione dei diritti e alla prevenzione di discriminazione nei confronti di persone neurologicamente diverse dalla popolazione “neurotipica” (o non autistica). La neurodiversità spiega, nel suo senso più ampio, lo sviluppo neurologico atipico come una normale variazione naturale del cervello umano, una forma alternativa della biologia umana. Per la neurodiversità, le persone con autismo rappresentano una normale variazione neurologica al pari di razza, genere o sessualità (Jaarsma e Wellin, 2012)”. (Per saperne di più: https://www.stateofmind.it/2018/12/neurodiversita-definizione-dibattito/).
Se si va oltre una visione prettamente biomedica e si ascoltano le persone che vivono questa condizione, si superano diversi pregiudizi e si smette di generalizzare in modo superficiale.
Ad esempio, sulla mancanza di empatia imputata alle persone con questa sindrome, se si prende in considerazione il vissuto di questi ragazzi, la realtà è molto diversa da quello che sembra o generalmente si pensa:
“È vero, esistono Asperger arroganti e narcisisti, così come esistono persone neurotipiche arroganti e narcisiste. È vero, alcuni Asperger si difendono dall’esclusione ritirandosi in una torre d’avorio da cui pontificano sugli altri. Ma la maggioranza degli Asperger, se ferisce qualcuno, se commette un errore sociale anche banale, rimane a pensarci per giorni, per mesi, per anni. Ne soffre e cerca, anche se a volte maldestramente, di riparare e scusarsi. Questa è mancanza di empatia? Io non credo.” (http://www.spazioasperger.it)
Queste le parole di David Vagni sul sito spazio asperger. E per parlare di questa sindrome, prendiamo in prestito altre sue riflessioni: “Il cosiddetto Autismo Lieve, Asperger o “ad alto funzionamento”, che dir si voglia, non significa che la persona viva l’autismo “alla leggera” e che possa essere schernito senza preoccuparsi delle conseguenze. Non è un fenomeno mediatico, né un fenomeno da baraccone. L’Autismo ci ha sempre accompagnato ed ha sempre segnato la storia dell’umanità, anche quando non aveva un nome con cui chiamarsi. È chi osserva un Asperger a sperimentare lievemente l’autismo, non chi lo vive. Non lo sperimenta senza fatica chi ha dovuto soffrire l’esclusione, combattere, e lavorare duramente, per arrivare a poterne parlare. Molti Asperger hanno faticato e continuano a faticare ogni giorno per imparare e migliorarsi. Anche per modulare la voce, in modo da rendere esplicito agli altri il loro mondo interiore. Molti Asperger si impegnano ogni giorno per condividere con il prossimo il loro mondo ricco di idee ed emozioni, molti Asperger soffrono ogni giorno per la sofferenza che permea la società.”. (http://www.spazioasperger.it)
Greta è proprio una di queste persone. “Quando gli haters sottolineano il tuo aspetto e le tue differenze – scrive il 31 agosto su Twitter – significa che non hanno più nessun posto dove andare. E poi sai che stai vincendo! Ho l’Asperger e questo significa che a volte sono un po’ diversa dalla norma. E – date le giuste circostanze – essere diversi è un superpotere”.
Di questa affermazione, dal mio punto di vista, le parole decisive sono ‘date le circostanze’: il contesto familiare, sociale e culturale in cui viviamo plasma, co-determina, il modo in cui sintomi e disturbi si esprimono.
Una cultura basata sul controllo tende alla repressione del comportamento deviante. Una cultura basata sull’ascolto, sulla cura, invece, ne ricerca il senso e indagando sull’emotività sottostante al comportamento, le possibilità d’espressione.
E qui sta l’eccezionalità della storia di Greta.
Greta ha cominciato a preoccuparsi dell’ambiente quando aveva 8 anni. L’ambiente è diventato il suo ‘interesse speciale’. E’ attraverso il suo modo di vedere il mondo, ha colto le enormi contraddizioni della popolazione ‘normale’ rispetto al tema. All’età di 11 anni, dopo una paralizzante depressione, ha smesso di parlare e di mangiare perdendo 10 Kg in un mese. E in questo momento di vita che le viene diagnosticata la sindrome di Asperger, in comorbidità con un disturbo ossessivo-compulsivo e il mutismo selettivo.
Chi c’è dietro Greta?
Una famiglia, e un contesto, che non ha voluto reprimere l’interesse speciale della propria figlia. La famiglia, invece di normalizzarla, ha avuto la capacità di valorizzare il suo interesse speciale, trasformandolo in una risorsa. “E’ quello che va fatto, è la chiave per la felicità di molti Asperger e va bene così.” (http://www.spazioasperger.it)
Il cosiddetto ‘interesse speciale’ svolge un fondamentale ruolo nella gestione delle emozioni di questi ragazzi/e. Come scrive la pediatra Lilia Morabito:
“La gestione di questo disturbo è basata su una serie di interventi che hanno lo scopo di migliorare il comportamento e la comunicazione del bambino con sindrome di Asperger, aiutandolo in quegli aspetti relazionali che altrimenti potrebbero penalizzarlo e isolarlo dal gruppo (come le difficoltà nel linguaggio) e incoraggiando i suoi punti di forza (come ad esempio i suoi “interessi speciali”); proprio i suoi interessi sono una vera e propria risorsa per lui, in quanto fonte di divertimento, apprendimento e autostima.A tal proposito, oltre a genitori e terapeuti, anche gli insegnanti hanno un ruolo fondamentale, perché devono sostenere e incoraggiare la formazione e l’educazione del bambino. Durante l’adolescenza, infatti, i pazienti con sindrome di Asperger notano la propria diversità e si rendono dunque conto delle difficoltà che incontrano nei rapporti con i coetanei; se non adeguatamente supportati, possono sviluppare forme di depressione o disturbi d’ansia.” Come successo a Greta.
Dati questi accorgimenti, queste circostanze che non possono essere assolutamente date per scontate, gli ‘Aspi’ possono vivere una vita normale come tutti. E raggiungere il successo.
“Prima di iniziare gli scioperi a scuola – scrive Greta in un altro tweet – non avevo energia, non avevo amici e non parlavo con nessuno. Mi sedevo da sola a casa, con un disturbo alimentare. Tutto ciò è sparito ora, poiché ho trovato un significato, in un mondo che a volte sembra superficiale e insignificante per così tante persone”.
E’ l’estate del 2018, quando Greta Thunberg, studentessa eccellente, invece di andare a scuola, si presenta davanti al Parlamento svedese, a Stoccolma, con un cartello “Skolstrejk för klimatet” (“Sciopero scolastico per il clima”). Dopo le elezioni politiche svedesi, la Thunberg torna a scuola, assentandosi comunque ogni venerdì della settimana, per proseguire la sua protesta davanti alla sede del Parlamento.
Nel giro di pochi mesi, la sua protesta diviene virale e supera i confini nazionali per contaggiare i giovani di tutto il mondo.
Non c’è stata nessuna normalizzazione, anzi: è stata la sua personale ‘norma’, la sua indignazione, che ha influenzato centinaia di migliaia di ragazzi. E Greta ha trovato così il proprio ‘senso’ e ‘significato’.
Le circostanze hanno voluto che fosse figlia di una cantante svedese famosa e questo l’ha sicuramente aiutata nel ritagliarsi maggiore visibilità. Ma ciò che ha fatto la differenza, è stata la razionalità e la coerenza delle sue parole, cose a cui siamo sempre meno abituati.
Scrive Greta: “Per quelli di noi nello Spettro, quasi tutto è bianco o nero. Non siamo molto bravi a mentire, e di norma non desideriamo partecipare a quelle trame sociali a cui il resto di voi sembra appassionarsi tanto. Sotto molti punti di vista, trovo, siamo noi autistici quelli normali, e che il resto del mondo sia piuttosto bizzarro, specialmente quando di tratta della crisi ambientale, con tutti che parlano del climate change come di una minaccia esistenziale, il problema più importante di tutti, e malgrado ciò vanno avanti come se niente fosse. Non riesco a capacitarmene, perché se le emissioni devono essere fermate, allora le dobbiamo fermare! Per me, questo è bianco o nero. Non ci sono zone grigie, con la sopravvivenza in gioco. O progrediamo, come civiltà, oppure no. Dobbiamo cambiare.”
Ciò che poteva essere un comportamento bizzarro da normalizzare e contenere si è trasformato in una denuncia razionale e convincente. Un dito puntato contro le enormi contraddizioni che viviamo. Una sfida che ha convinto migliaia di persone in tutto il mondo. E forse, solo attraverso un autentico ascolto di punti di vista realmente differenti, la ‘normalità’ può vedere se stessa e decidersi a cambiare.