Il 23 Settembre nell’ospedale psichiatrico parigino “Les Murets” di Queue-en-Brie si è tenuto il Festival Trace(s) che, alla sua prima edizione, è riuscito a coinvolgere molte persone e ad ottenere una certa risonanza. Lo scopo del festival è stato quello di descrivere il concetto di follia attraverso il potere espressivo dell’arte e, proprio per questo, è stato dato ampio spazio ad un’esposizione di disegni realizzati da alcuni pazienti dell’ospedale, che non ha lasciato indifferenti i visitatori, soprattutto per la forte emotività di cui erano pervasi. Le opere in questione sono facilmente riconducibili alla Brut art, un tipo d’arte contemporanea che esalta la spontaneità, senza voler ricercare a tutti i costi la perfezione estetica dell’arte classica e senza la pretesa di stimolare una riflessione profonda. Uno degli esponenti più rilevanti, raccontato attraverso un breve documentario proposto ai visitatori, è stato Fernando Nannetti (conosciuto ai molti come NOF4), uomo silenzioso, introverso, un vero e proprio genio della Brut Art. Nannetti, noto paziente degli anni Cinquanta e Sessanta della sezione criminale del manicomio di Volterra, amava passare il suo tempo a incidere sui muri del manicomio graffiti, disegni e scritte attraverso i quali riusciva ad esprimere un mondo interiore caotico e disarticolato, ma estremamente affascinate.
L’atelier in cui sono state esposte le opere dei pazienti ospitava una notevole varietà estetica e stilistica, basta pensare che nello stesso ambiente sono stati presentati contemporaneamente dipinti dai motivi prettamente geometrici, composizioni dallo stile industriale, moderno e opere che raffiguravano elementi naturalistici. Oltre alla pittura, altre due forme d’arte come musica e cinema hanno accompagnato i visitatori durante questo viaggio introspettivo tra gli ambienti de “Les Murets”. Le proiezioni di documentari riguardanti la storia della psichiatria e i cambiamenti di questa disciplina nel trattamento dei pazienti, insieme all’esibizione di una band, formata da pazienti ospitati dall’ospedale psichiatrico, sono riusciti a trascinare il pubblico presente, mostrando come attraverso l’arte sia possibile tradurre il disagio interiore in un prodotto creativo.
Le opere realizzate dagli ospiti delle strutture psichiatriche, oltre ad avere un consistente valore artistico, hanno avuto il merito di demolire le barriere del pregiudizio che inevitabilmente ci vengono trasmesse, creando un collegamento profondo tra il mondo interno degli artisti e quello dei visitatori esterni. Tra l’altro, anche la Asl Roma 2 ha il suo gruppo musica. Il centro diurno San Paolo ha presentato il proprio cortometraggio realizzato dal gruppo Trekking. Nel video vengono condivisi dei momenti di passeggiate, scalate all’aperto, arrampicate. Il profondo contatto con la natura selvaggia attraversata camminando si alterna a momenti di riposo. Nel sottofondo musicale si potevano udire dei passi, giustapposti, del libro di Marco Saverio Loperfido, “Tre lune nelle scarpe”, Edizioni Il Lupo, 2022. In pochi minuti ci si è immersi in habitat suggestivi facendo un cammino quasi spirituale che ha lasciato una sensazione di benessere e armonia profondi. Il messaggio che si è voluto comunicare è stato quello del passaggio che lascia il segno o meglio l’orma dietro di ciascuno. Questo scambio di esperienze a tema inclusivo che raccontano la malattia mentale da diversi punti di vista, ha arricchito non poco i visitatori, e ha mostrato che anche gli ospedali psichiatrici sono luogo di cultura e storia personale.
Infine, è stato rilevante osservare, soprattutto nell’intervista fatta allo psichiatra del complesso, Parviz Denis, le differenze che ci sono tra il pensiero di François Tosquelles e Franco Basaglia sul sistema sanitario. Se infatti il primo non era per la chiusura dei manicomi, ma per una riforma sostanziale, Basaglia, come ben sappiamo, non la pensava così. Eppure, c’è da dire che l’ambiente era accogliente e il pensiero riabilitativo non era troppo distante da quello dal nostro poiché viene comunque data importanza alle attività terapeutiche riabilitative e non solo ai farmaci (musicoterapia, arte terapia…). Lo psichiatra ha spiegato anche le varie possibilità dopo il percorso di cura dei propri pazienti nel raggiungere la propria autonomia, che in Italia si chiamano appartamenti supportati. Il fine ultimo del Festival non era tracciare un confine tra “normalità” e malattia mentale anzi, era proprio quello di creare un collegamento diretto: lasciare una “traccia” ha un’enorme importanza sociale. La gente tende a concepire la malattia mentale come qualcosa di evanescente, la metafora del “lasciare il segno” è un modo per dire esisto anche io e non sono meno importante di te.
Foto di 27707 da Pixabay – CC License