Sentire le voci è un manuale scritto nel 2013 da Cristina Contini, una donna che ha fatto un’esperienza diretta in merito all’udire le voci. Nel libro, oltre a raccontare la sua storia, viene analizzato il fenomeno attraverso pareri e testimonianze, fornendo valide strategie per gestire e dominare le voci.
Avendo l’autrice imparato a controllare al meglio le sue voci ha deciso di raccogliere in questo libro le sue considerazioni affinché possano essere d’aiuto ad altri uditori. Contini ha cominciato a sentire le voci all’età di diciannove anni in seguito a un grave incidente che prima le ha causato un’emorragia cranica e poi l’ha portata in coma.
«Esse hanno sicuramente alterato in maniera importante gli equilibri della mia vita di giovane donna, in procinto di iniziare con sano entusiasmo la propria vita adulta, fatta di famiglia-casa-lavoro. Nonostante tale sovvertimento, non mi sono mai ritrovata schiava delle voci, né ho dovuto farle tacere attraverso farmaci o tantomeno psicofarmaci.»
A partire dalla propria esperienza Cristina ha fondato l’associazione “Sentire le voci”. Come si può leggere in questo libro, ci sono diversi motivi per cui possono insorgere le voci: il riaffiorare di traumi o violenze sessuali, abusi fisici, divorzi, malattie di persone care, aborti, disturbo post-traumatico da stress, lutti, abuso di droghe, ricoveri e il coma.
In Italia il fenomeno delle “allucinazioni uditive” (questo è il termine scientifico) non è per niente approfondito, infatti non si trovano molte informazioni in merito. Contini in questo ha fatto un lavoro degno di nota.
La scelta di Cristina di iniziare il libro con la sua testimonianza diretta mette il lettore subito sullo stesso livello. Più avanti l’autrice sottolinea l’importanza di trovare un significato dietro le voci per poter comprendere il trauma passato che è la prima causa all’origine del fenomeno.
In questo è indispensabile dare valore al vissuto dell’uditore, oltre un punto di vista prettamente psichiatrico e medicalizzante:
«Quando si parla di uditori di voci si parla di malattia mentale e di sintomi. Una classificazione di sintomi in psichiatria riporta sempre a un nome di malattia. Malattia mentale significa disagio mentale, un disagio che si tende a mantenere o cronicizzare e non cambiare. […] L’uditore non si ammala per colpa sua, ma perde l’equilibrio di fronte a fenomeni disarmanti come le voci. Il categorizzarlo in uno stato di malattia mentale comporta come colpevole conseguenza una fragilità destinata a trasformarsi gradualmente da acuta a cronica. […] La medicina non vuole guardare la realtà di certi fenomeni con occhi diversi dalla scienza». Pag. 105-125-128.
Il concetto su cui insiste nel libro è proprio questo, ossia quale tipo di contributo può offrire la psichiatria rispetto alle voci e quanto è rimasta indietro rispetto ai mezzi che può mettere a disposizione. A considerare questo fenomeno come patologico nella maggior parte dei casi non sono solo gli psichiatri ma anche i familiari. Allora la comunicazione diventa veramente difficile. Non v’è aiuto se non si parte prima di tutto dall’ascolto. Gli psicofarmaci non sono l’unica soluzione perché, se non si fa un lavoro di approfondimento sulle voci, il soggetto non potrà capirne il senso, farle proprie e ritrovare il proprio equilibrio.
Il passo successivo è trovare una “strategia di affrontamento” basata sui desideri dell’uditore. Frequentemente si pensa che l’uditore abbia come massima aspirazione quella di eliminare le voci: magari questo rassicurerebbe parecchio i familiari – che hanno assistito a lungo alla medicalizzazione del proprio figlio – eppure non è sempre così. L’uditore custodisce le sue voci buone instaurando con esse una relazione duratura e con un lavoro psicologico è in grado di renderle una risorsa.
Tutto grazie a colloqui di affrontamento e ai gruppi di auto-mutuo-aiuto di uditori che possono condividere le loro esperienze e i loro vissuti con altre persone che sentono le voci.
Durante questo processo con le voci si giunge ad un punto in cui l’uditore si deve separare da esse, le quali avevano confuso e si erano appropriate della sua identità. La difficoltà alla base è l’espressione delle emozioni e dei sentimenti che ne conseguono, forse inaccettabili per la coscienza. L’obiettivo è il superamento della fragilità mentale per fronteggiare le difficoltà e trasformare l’ipersensibilità in una ricchezza che renda l’uditore unico nel suo genere rispetto a chi voci non ne sente.