Il dott. Massimo Cozza, direttore del Dipartimento di Salute Mentale della ASL Roma 2, ci ha parlato dell’attuale stato di salute dei servizi territoriali, evidenziandone le problematiche e i punti maggiormente critici: dalla carenza di personale all’accorpamento delle ASL romane e l’importanza degli aspetti socio-riabilitativi, per creare dei servizi che puntino sempre più su una “filosofia di rapporto globale con la persona“.
D: Qual è lo stato di salute dei servizi territoriali del Dsm ASL Roma 2?
Il Dsm è una realtà viva che riesce a rispondere alle richieste che vengono dalla popolazione con problemi di disagio psichico, anche se siamo in una fase di blocco del turn over che colpisce tutta la sanità del Lazio e abbiamo perso una serie di risorse umane. Quindi abbiamo sempre maggiori difficoltà ma sembrerebbe che con la prossima uscita della Regione Lazio dal piano di rientro, quello che determina il blocco del turn over, potremmo ricominciare ad assumere e riprendere maggiori prestazioni ed attività perché ce n’è molto bisogno.
D: A che punto è l’accorpamento delle ASL romane? Quali sono i pro e i contro di tali accorpamenti?
R: Gli accorpamenti sono ancora in itinere, ma formalmente ci sono già stati due accorpamenti, ovvero quello tra le Asl Roma B e Roma C che ha dato vita alla Asl Roma 2 e quello tra la Asl Roma A e Roma E che ha creato la Asl Roma 1. È in progetto, nei piani operativi approvati dalla Regione con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, un’ulteriore riduzione delle Asl, quindi ci potrebbe essere nel 2018 un altro accorpamento, per adesso le Asl di Roma sono diventate tre. Sicuramente l’accorpamento ha dei problemi legati alla diversità dei territori che si sono uniti. Basti pensare che la Asl Roma 2 ha un bacino di utenza di quasi 1 milione 300 mila abitanti, inoltre il Dsm non si occupa solo degli adulti come era inizialmente ma si fa carico anche dei problemi neuropsichiatrici dei minori coprendo di fatto tutta la popolazione, sia per quanto riguarda il disagio psichico che il disagio neuropsichiatrico, da zero a 18 anni. Il Dsm, con questo accorpamento, si dovrà occupare inoltre della salute mentale negli istituti penitenziari, in primis Rebibbia che è il più grande di questi nel Lazio. Ciò richiede un forte impegno e noi siamo orientati in un processo di unitarietà e omogenizzazione ma che non significa equiparare tutto perché ogni servizio ha la sua storia che noi vogliamo rispettare tentando però di dare un servizio ai cittadini che sia il più omogeneo possibile al di là dei territori della Asl.
D: Attualmente qual è il punto debole dei servizi territoriali del nostro Dsm?
R: Il punto debole è quello del personale. La salute mentale si fa attraverso il rapporto umano, il colloquio, l’ascolto, l’accoglienza e tutte le attività sia terapeutiche sia riabilitative. È tutto legato all’operatore, quindi alla persona, più persone ci sono maggiore è il rapporto con gli utenti e le famiglie. Il fatto di aver perso degli operatori e non averli potuti sostituire è il punto maggiormente critico e che va affrontato.
D: Si sa qualcosa sulla situazione della comunità terapeutica in via Giustiniano Imperatore di San Paolo?
R: Ci sono stati dei problemi strutturali legati ai locali che hanno interessato la comunità terapeutico-riabilitativa e in parte anche locali utilizzati dal Centro Diurno. Il Dsm, insieme all’azienda, si è attivato e si sta attivando per dare una risposta alla chiusura determinata da fattori di pericolo. Adesso probabilmente riusciamo a riaprire alcune stanze che potrebbero essere molto utili per le attività riabilitative del Centro Diurno. Stiamo invece verificando e cercando in maniera attiva la possibilità di aprire la comunità terapeutica in altri locali idonei all’interno del Municipio. Speriamo di poter dare una buona notizia a breve. Sia la direzione aziendale sia il Dsm sono impegnati per riaprire la comunità perché c’è la volontà politica di offrire questo servizio in quanto riteniamo che una comunità pubblica sia molto importante nel nostro territorio.
D: Ha qualcos’altro da aggiungere o qualche aspetto su cui vorrebbe porre maggiore attenzione?
R: Il processo di unificazione, al di là dei problemi di differenziazione, sta portando una ricchezza migliore del Dsm, un dipartimento che sempre di più vorremmo orientato in una salute mentale comunitaria di riabilitazione in cui l’aspetto socio-riabilitativo sia importante, ovviamente non trascuriamo la parte della psichiatria “biologica” ovvero i farmaci, ma riteniamo molto importanti l’aspetto psicoterapico, i familiari, i gruppi e tutte le realtà di riabilitazione e impresa sociale, perché consideriamo la persona in tutti i suoi aspetti e vogliamo intervenire in tutti gli aspetti della vita. Le prime due delibere come Dsm e come Asl che abbiamo promosso sono: quella dell’abitare, per cui riteniamo che avere appartamenti per i pazienti che possano vivere insieme sia importante. Vogliamo implementare questo supporto all’abitare così come il sostegno alla persona, che è la seconda delibera. Si tratta, in quest’ultimo caso, di aiutare chi ha più difficoltà tramite un affiancamento e accompagnamento nella vita. Più che un’istituzionalizzazione in strutture comunitarie per anni, tentiamo di andare noi negli ambienti di vita delle persone e aiutarle a ricostruire o a superare momenti di difficoltà, tendiamo a intervenire nei luoghi di vita, e questo noi lo abbiamo chiamato “sostegno alla persona”. Nei prossimi mesi vogliamo rilanciare tutti i processi riabilitativi che il Dsm vuole portare avanti insieme ai progetti più di natura sociale che già il Comune di Roma ha storicamente finanziato e che Roma Capitale, almeno per quest’anno e credo per i prossimi anni, continua a finanziare. Creare e andare sempre di più in un dipartimento vivo, con tante realtà e che abbia una filosofia di rapporto con la persona che sia globale, dove vengono quindi considerati gli aspetti non solo strettamente sanitari ma anche e soprattutto gli aspetti riabilitativi e sociali.