L’emergenza del 118: le criticità del sistema sanitario laziale

Pubblichiamo l’intervento di Francesca Perri (dirigente medico Ares 118) del 1° Ottobre 2016, in occasione del forum sulla sanità di “Sinistra per Roma” al centro sociale “Brancaleone”.

Nel video si affrontano temi della sanità laziale e della città metropolitana di Roma. La dott.ssa Perri inizia col riferire alcuni numeri sulla criticità del personale del servizio regionale “118”: al momento della costituzione del servizio, nel 2004, era prevista una disposizione di 4293 dipendenti (almeno sulla carta). Nel 2006 si è arrivati a un massimo di 3429 operatori.

Il problema del non rispetto delle disposizioni iniziali ha causato una diminuzione dei dipendenti a 1763 unità nel 2016. Per andare nel dettaglio, erano previsti 279 medici e 90 anestetisti. Tuttavia si è raggiunto un massimo di 214 medici, fino all’attuale cifra di 121. Per il Giubileo sono stati assunti 25 medici per l’area metropolitana di Roma.

Questo ha comportato una mole di lavoro immane“, spiega la Perri, in quanto sono a diposizione invece che un’ ambulanza su 30.000 persone, solo una su 150.000.

Nell’area di Roma e del Lazio, esiste una “visione ospedalocentrica”. La mancanza di presidi medici in molti quartieri, fa si che per ogni piccolo bisogno di cure mediche si chiami l’ambulanza (a chiamare sono soprattutto gli anziani): “ci sono interi quartieri dormitorio senza presidi medici“- afferma ancora la Perri- “con 266.000 soccorsi effettuati attualmente a Roma metropolitana“.

La privatizzazione dei servizi sanitari, attraverso appalti pubblici, ha comportato la mancanza di trasparenza nell’assegnazione dei servizi alle aziende private, con favori “agli amici degli amici”. Le cliniche private sono totalmente “fuori controllo, rincara la dott.ssa Perri, poichè tendono a trasferire i pazienti agli ospedali in caso di emergenza. Questo fenomeno è dato dalla mancanza di medici e infermieri nelle strutture private e da una gestione quasi surrettizia: si trasferiscono i pazienti in codice rosso alle strutture pubbliche per mantenere un tasso di mortalità pari a zero.

Altro problema riferito dalla Perri è la chiusura dei posti di primo intervento per decreto ministeriale del 2015. Il decreto avrebbe previsto il mantenimento in attività dei posti di primo intervento con almeno 6000 casi trattati all’anno e le politiche odierne sulla sanità sono tese alla chiusura (anche) di questi luoghi.

Inoltre, la dirigente affronta il tema dell’intreccio tra “sociale” e “sanitario”: questi due ambiti godono di fondi distinti, ma la Perri spiega che bisogna creare un fondo unico per un unico ambito “socio-sanitario”.

La dott.ssa mette in evidenza altre criticità importanti come la disinformazione della popolazione rispetto ai servizi sanitari, la mancanza di posti letto, l’impossibilità dei medici di famiglia di “interfacciarsi con gli ospedali” e gli specialisti, la non efficienza di alcune case della salute sparse nel Lazio, l’aumento della età della vita media e il conseguente aumento di malattie croniche,

Infine, tratta il tema della mancanza di personale amministrativo per la riscossione dei pagamenti da parte dei turisti delle prestazioni mediche che ricevono in Italia.