In Italia 59 miliardi di euro per la transizione ecologica
Il punto più caldo dell’agenda politica mondiale è rappresentato dal crescente rischio di cambiamenti climatici irreversibili, a causa dell’aumento di anidride carbonica nell’atmosfera, prodotta dalle attività dell’uomo. Gli avvertimenti della comunità scientifica internazionale ai principali governi del mondo hanno portato a un appuntamento tra 188 nazioni, confluito nella ratificazione degli Accordi di Parigi avvenuta nel 2016, in cui i leader politici si sono impegnati a limitare il surriscaldamento globale nell’ordine di +1,5°/2°. L’accordo è stato stretto per scongiurare le stime climatiche e ambientali catastrofiche che si prospetterebbero per il 2050. Anno in cui l’innalzamento della temperatura media globale potrebbe arrivare a 3°, come dimostrato dal Climate Reality Check, studio condotto dagli scienziati Ian Dunlop e David Spratt, del Breakthrough National Centre for Climate Restoration di Melbourne.
Nel mondo sono sempre più presenti inondazioni, siccità, alluvioni intense, tempeste e uragani che si accompagnano a una quantità di fulmini in aumento, ecosistemi del mondo animale sconvolti (tra cui anche quello dell’uomo, colpito dalla pandemia di Covid-19), estati torride, desertificazione crescente, qualità dell’aria respirabile in diminuzione e stagioni come l’inverno e l’estate sempre meno sfumate da primavera e autunno. Alla luce di questi accadimenti, cosa stanno facendo i governi per dare una risposta che sia davvero funzionante nel tentativo di limitare catastrofi ambientali?
Per quanto riguarda l’Europa una risposta è rappresentata dal fondo Next Generation EU, ossia la grande quantità di denaro che i Paesi membri riceveranno per far fronte alla grave crisi sociale, innescata dai tentativi attuati per contenere la pandemia. Grazie a buona parte di questi soldi si cercherà di rispondere all’emergenza climatica, attraverso politiche di economia sostenibile e di investimento in fonti di energia rinnovabili o poco inquinanti.
L’Italia è il Paese che riceverà più soldi dal Recovery Fund europeo (oltre 200 miliardi di euro) e si è già data un’organizzazione nel tentativo di mettere in pratica la cosiddetta transizione ecologica: destinando circa 59 miliardi nell’ambito del proprio Recovery Plan, ossia il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) e istituendo un ministero ad hoc, alla cui guida c’è il ministro Roberto Cingolani. Quest’ultimo ha dichiarato al quotidiano La Repubblica che 5 miliardi interesseranno l’agricoltura e l’economia circolare; 15 andranno all’efficienza energetica degli edifici e altrettanti alla tutela dei territori e delle risorse idriche; infine circa 24 saranno dedicati proprio alla transizione energetica e alla mobilità sostenibile.
In merito alla transizione energetica Cingolani ha dichiarato: «L’attuazione va ancora fatta, ma è prevedibile che ci saranno incentivi per le rinnovabili più sperimentali, come l’eolico offshore o il fotovoltaico per l’agricoltura. Poi ci sarà il grande capitolo della semplificazione per sbloccare le gare già avviate per nuovi impianti di fonti rinnovabili, ma a cui nessuno partecipa», aggiungendo che sarà comunque importante l’uso del gas poiché «nella combustione emette molta meno anidride carbonica rispetto al carbone, che è il nostro nemico numero uno. Il gas, inoltre, darà stabilità alla rete elettrica: un sistema basato su eolico e solare è per definizione discontinuo. Se non ci sono sole e vento, non c’è energia. In quei casi potrà essere usato il gas.»
Al netto di questo importante programma ecologico che tutto sommato va nella giusta direzione, c’è da dire che la transizione ecologica, posta come obiettivo dal Governo Draghi, sembra essere più un compito delegato alle grandi aziende del campo dell’energia, le quali avranno soprattutto lo scopo di fare affari. Si sta sensibilizzando poco la popolazione rispetto alla necessità di un cambiamento di abitudini ecologiche generale, che coinvolga tutti.