«Un meraviglioso rapporto di scambio» nell’esperienza di Roberto Dell’Aquila
«Non c’è una giornata tipo in assistenza domiciliare, poiché ogni persona ha proprie caratteristiche e particolarità» racconta il nostro intervistato Roberto Dell’Aquila, che nonostante i colori delle zone e i diversi tipi di restrizioni, continua imperterrito a fare il lavoro che ama, perché gli utenti che assiste hanno bisogno di lui. Classe 1970, Roberto lavora nel sociale da trent’anni, con diverse esperienze lavorative nel settore, a sostegno di soggetti con disagio psichico e fisico, ex detenuti, tossicodipendenti e richiedenti asilo. Nell’ambito dell’assistenza domiciliare, Roberto plasma la sua giornata sull’utente, occupandosi di tante cose, al servizio della persona assistita, come l’igiene personale, l’alimentazione, lo svago, l’igiene del contesto abitativo, la spesa, le commissioni, la lettura, il bricolage, la musica, cucinare, lavare e stirare i panni, cucire e tagliare i capelli. Cercando di insegnare le attività «quando possibile». È capitato che si sia trovato anche in situazioni conflittuali tra l’assistito e altre persone facenti parte del contesto territoriale in cui esso vive, con l’obiettivo di pacificarle. Vista la disabilità psichica di alcuni utenti, Roberto spiega che «bisogna stare molto attenti a muoversi con una certa delicatezza negli spazi abitativi», al fine di evitare situazioni di stress per l’utente. L’assistenza domiciliare «è un lavoro che dà la possibilità di trovare soluzioni», spiega Roberto, imparando cose nuove, ma anche inventandole.
In cosa consiste il servizio di assistente domiciliare?
Da quindici anni, lavoro come assistente domiciliare per una cooperativa sociale di Roma. In passato ho svolto altre mansioni nel sociale, però il lavoro in cui ho maturato maggiore esperienza è quello dell’assistenza domiciliare. Lavoro soprattutto con giovani e adulti con ritardo mentale, e mi capita raramente di lavorare con persone con disabilità fisica. In genere, organizzo il mio lavoro in base ai bisogni e alle necessità della persona. In alcuni casi mi occupo dell’igiene personale e di quella relativa al contesto abitativo, inoltre organizzo insieme alla persona il suo tempo libero. Mi occupo dell’aspetto dell’autonomia, della capacità di gestire gli spazi e le relazioni. Mi dedico a fare in modo che il tempo libero e, in generale, la qualità della vita della persona assistita facciano un salto di qualità. È un lavoro molto interessante, al di là della disabilità di cui la persona è portatrice. Tra l’altro, ho maturato una grande esperienza negli anni, creando contesti diversi in base alle persone con cui mi sono trovato a lavorare. Con questo lavoro ci si diverte in due, è un dare ma anche un prendere, è un crescere insieme, dunque non c’è mai un rapporto in cui ci sia solo una persona a trarne benefici. Il beneficio della relazione è distribuito, questa è la cosa importante del mio lavoro.
Quali sono le difficoltà nello svolgere questo servizio?
Tra quelle che coinvolgono la famiglia dell’assistito e la persona stessa, le difficoltà possono essere tante, e sono sempre legate alla complessità che le persone assistite propongono al loro interlocutore. Devo confessare che ho sempre superato le difficoltà incontrate, soprattutto grazie al lavoro di equipe, chiedendo aiuto a chi è stato preposto dalla cooperativa per cui lavoro. E devo dire che ho fatto di necessità virtù, perché quando credo di non poter gestire la complessità della persona che mi viene proposta di assistere, faccio un passo indietro. Poiché quando il rapporto tra l’operatore e la persona assistita non è tale da poter garantire un buon servizio è meglio lasciare che se ne occupi un altro operatore con altre caratteristiche.
Come giudichi l’operato delle istituzioni?
Non me la sento di dare consigli a chi ha più competenze di me, quindi mi limito a giudicare il mio operato. Sicuramente c’è tanto da fare, ci sono molte cose che possono essere aggiunte a quello che già è in campo, perché nel lavoro che si svolge tra due persone sono i dettagli a fare la differenza. E senza voler criticare quello che manca o quello che potrebbe apparire inadeguato, la cosa migliore sarebbe aggiungere, moltiplicare gli sforzi e lavorare con gli strumenti necessari in sinergia, mettendo in circolazione e in condivisione le varie esperienze e competenze. E secondo me, con la partecipazione di tutti, si può fare qualcosa anche per quello che manca.
Quali sono le cose che più ti hanno gratificato lavorando nel sociale?
È dal 1993 che lavoro nel sociale, in diversi settori e ambienti. Le gratificazioni sono state tantissime, altrimenti oggi avrei fatto un altro lavoro. Sono riuscito a valorizzare le cose positive e a superare quelle negative, quindi ciò che nel mondo del lavoro è sempre in agguato come gli stipendi non adeguatamente gratificanti e i contratti a volte discutibili. Per molti anni sono stato un precario, in difficoltà economica, perché gli stipendi non erano sufficientemente adeguati. Però la qualità del prodotto, del lavoro relazionale che ho accumulato, mi ha dato quell’energia, quel surplus di gratificazione che mi ha permesso di andare avanti. E oggi posso dire che se c’è un lavoro che non cambierei con nessun altro al mondo è proprio quello che faccio da più di vent’anni. Compiuto in una certa maniera, questo lavoro produce molti più benefici che stanchezza.
Andrea Terracciano