Domotica e privacy: un binomio improbabile

Utilizzando i dispositivi smart “regaliamodati e contenuti presenti nel nostro cloud alle aziende di marketing 

Nelle case più moderne vengono utilizzati sempre più spesso dispositivi di domotica che fanno uso della tecnologia cloud. Quest’ultima indica il salvataggio delle informazioni su internet ed è entrata nell’uso quotidiano di tutti grazie a servizi come Google Drive, Apple iCloud, Microsoft OneDrive e Dropbox, soprattutto nel caso degli smartphone questo servizio è diventato essenziale. Per fare un esempio: Alexa, prima di accendere le luci, si collega a un server di Amazon che riceve il nostro comando vocale e lo interpreta, affinché il dispositivo esegua l’attività richiesta. Se questo processo, da una parte è garanzia di affidabilità, dovendo il dispositivo solo trasmettere un messaggio e ricevere un comando da un sistema in costante aggiornamento, d’altra parte può presentare un rischio per la nostra privacy. Tale rischio non è dovuto al salvataggio di ogni nostra parola sullo spazio cloud di Amazon, ma al fatto che in genere i servizi cloud sono sempre collegati a piattaforme di marketing proprietarie. In pratica, non è difficile che Google ci mostri una pubblicità relativa alla posizione dove abbiamo installato il nostro Google Home, e lo stesso può avvenire con Amazon e Alexa. E se un giorno decidessimo di trasferirci da quella casa e, ingenuamente, lasciassimo là i nostri dispositivi smart? 

Google è stata più volte portata in tribunale per aver mostrato delle pubblicità, oltre che selezionate in base al cliente, poco sensibili nei confronti della sua persona. Meglio evitare, quindi, di esporre troppo la propria vita privata a un colosso del marketing digitale. Poi c’è il rischio dovuto all’uso degli stessi account, e quindi spazi di archiviazione, tra dispositivi di produttori diversi. Precisiamo: se nel caso delle luci, Alexa si collega al proprio server per interpretare il comando vocale, nel caso delle ricerche vocali su Google, può richiedere i dati di accesso all’account di Google, appunto. E se Alexa permette l’integrazione con l’account di Google, lo stesso può fare una copia di Alexa a basso costo, senza avere alcuna sicurezza riguardo l’uso che tale dispositivo farà dei dati personali, acquisiti dai servizi cloud ai quali è connesso. Parliamo di una minaccia doppia: sia dal punto di vista commerciale, e quindi per ciò che riguarda il produttore del dispositivo, sia dal punto di vista personale, potendo autorizzare integrazioni tra dispositivi senza esserne completamente coscienti.  

I rischi sono molteplici: non esiste solo il rischio che le nostre ricerche vocali vengano effettivamente salvate a scopi pubblicitari, nel caso nel quale la copia di Alexa a basso costo abbia un contratto con il cliente diverso da l’Alexa originale. Un contratto tra l’altro diffusissimo e tutt’altro che illegale, lo stesso che “firmiamo” virtualmente ogni qualvolta ci registriamo a un servizio online, accettandone i termini. Esiste anche il rischio causato dalla sincronizzazione di dati sensibili tra lo spazio cloud personale e il dispositivo. In altre parole foto, contatti, annotazioni, messaggi e tutto ciò che abbiamo salvato sul nostro telefono potrebbe presentarsi, per esempio, su una sveglia digitale smart, se concediamo l’accesso allo stesso account di Google, Apple o Windows che utilizziamo con il nostro smartphone. E potrebbe non essere carino che il vostro partner guardi i video goliardici condivisi con gli amici – e questo riguarda tutti i dispositivi smart con accesso a tali account sopracitati, che siano originali o meno. Unendo le due minacce il rischio massimo è che i messaggi che ci mandiamo tra amici, le foto salvate e i nostri contatti finiscano nella banca dati di un’azienda pubblicitaria poco trasparente. 

A mio parere, l’utente finale di questi dispositivi, correlati alla domotica casalinga, rimane incosciente di ciò che vuole realmente memorizzare. Se la sincronizzazione di foto e video sul cloud di Google e Apple è stato effettivamente un passo avanti – per non perdere le informazioni dai vecchi smartphone Android e iOS – lo stesso non posso dire per Google Home e Amazon Alexa, nonché tutti gli altri dispositivi domotici che si appoggiano sul cloud personale. A cosa serve avere la propria raccolta di foto su un mini schermo posto in casa? Non è meglio avere la possibilità di trasferire le foto che più ci stanno a cuore, senza doverle selezionare come “Preferiti”, tra tutte le scene immortalate con il nostro telefonino? 

 

Emanuele Giuliani