La teledidattica nel ventunesimo secolo è un mezzo importante da tenere presente per la formazione a distanza. Più che mai in questi mesi, dove il coronavirus imperversa in tutto il mondo e ancora non c’è una via d’uscita definitiva, dobbiamo affidarci al tele–apprendimento. Questo nuovo modo di concepire la didattica che ci permette di seguire le lezioni comodamente davanti al nostro PC da casa o in qualunque altro luogo, all’orario che più preferiamo. Questo tipo di apprendimento è aperto a tutti, ma coloro che ne hanno giovato di più sono stati i soggetti disabili. A causa di una disabilità le persone spesso scelgono di non uscire di casa e internet può rappresentare per loro l’unica chance di reinserimento (si pensi per esempio allo smart working). Sono sempre di più gli svantaggi a sfavore delle persone disabili che accrescono il loro divario digitale. Le disabilità fisiche sono un vero ostacolo all’uso del computer: se nel 2000 il 31,2% dei soggetti con disagio mentale avevano accesso a internet negli Stati Uniti, le percentuali raggiungono appena il 21,3% per le persone non udenti, il 17,5% per coloro che hanno difficoltà nella manualità, il 16,3% per gli individui non vedenti e il 15% per i soggetti con disabilità motorie. Le persone con disabilità grazie all’ausilio di tecnologie assistive avanzate, pensate sulla base dei loro speciali bisogni, possono avere accesso alla tecnologia digitale. Si intende, in questo momento, parlare di accessibilità come la fruizione di tecnologie digitali che agiscono come protesi, come potenziamento, supporto capace di valorizzare e di mettere in esercizio le risorse personali della persona con disabilità. In questo modo è possibile, con l’ausilio della tecnologia, senza elidere la disabilità, sopperire alcune carenze individuali. Il soggetto con disabilità fisiche, sensoriali o psichiche può così utilizzare autonomamente un computer senza la necessità di ricorrere a intermediari. Stiamo parlando di permettere che l’individuo con difficoltà abbia un ruolo attivo nel contesto in cui vive, diventandone protagonista. Parlando di scuola, purtroppo ad oggi sono parecchi gli studenti con disabilità di cui non si tiene conto durante la programmazione e la realizzazione della didattica a distanza (DAD). Tale situazione riguarda soprattutto gli alunni con problematiche intellettive e relazionali. Le videolezioni spesso ignorano completamente le esigenze e i PEI (Piani Educativi Individualizzati) degli alunni con queste difficoltà, inoltre mancano docenti di sostegno. Tra le finalità prioritarie che connotano il PEI vi è il raggiungimento di una condizione di “normalizzazione” che, lungi dall’essere un ideale astratto, va coniugata e relativizzata alla soggettività della persona portatrice di handicap. Il problema fondante dell’integrazione sociale di queste persone è rappresentato da una questione di adattamento. É compito dei dirigenti scolastici provvedere ad applicare il PEI dei singoli alunni. Un aspetto della formazione a distanza che va assolutamente curato è quello dei contatti con le famiglie, che si sentono messe da parte anche dai docenti di sostegno dei loro figli. Con la didattica a distanza, la pratica inclusiva è venuta meno, poiché non solo si è sentita la mancanza di docenti di sostegno, bensì la preparazione specifica di questi ultimi non era idonea. Solo una parte degli studenti con disabilità ha potuto continuare a seguire le lezioni e le attività di classe in modo proficuo: secondo un’indagine condotta su un campione auto-selezionato di docenti nell’ambito del progetto formativo “Oltre le distanze”, il 36% degli alunni con disabilità non ha frequentato la didattica a distanza.
In un momento come questo è rilevante adattare la didattica multimediale alle specifiche esigenze di chi ha una disabilità, è un’opportunità da approfondire. Per questo è importante riportare in breve l’estratto di un’intervista.
Radio 32 ha avuto il piacere e l’onore di intervistare la sociologa napoletana Valentina Zenga, che è entrata a far parte del Disability Pride quando si è avvicinata a un’associazione di persone con disabilità di Mondragone, in provincia di Caserta. C’erano molti bambini e ragazzi. Da quel momento ha studiato la lingua dei segni, è diventata interprete e ha pensato bene di dare il suo contributo. Ci ha parlato del suo progetto Federica Web Learning. La fabbrica digitale che va avanti da tantissimi anni: è una piattaforma dell’Università Federico II dell’Ateneo di Napoli denominata Federica.eu. Si tratta di didattica multimediale. Grazie a essa vengono divulgati corsi universitari online in forma gratuita e quindi accessibili a tutti, è garantito. Questi corsi telematici erogati si chiamano Mooc. Inoltre a breve partirà un nuovo progetto speciale legato all’accessibilità, che da sempre è stata la loro parola d’ordine. L’obiettivo è quello di permettere lo studio di alcune discipline grazie alla lingua dei segni italiana. Questo è stato realizzato in collaborazione con l’Ente Nazionale dei Sordi (ENS). Comunicare con la lingua dei segni in un momento storico come questo è diventato più difficile poiché a causa delle mascherine non è possibile leggere il labiale e le persone non udenti stanno vivendo un doppio isolamento. Come fare infatti a decifrare le parole che non si sentono?
Anche la didattica è in continua evoluzione, si deve adeguare ai tempi e questo non deve essere visto come un ostacolo ma come uno stimolo. L’arrivo del COVID-19 ha prodotto vantaggiosi cambiamenti.
