Intervista a Alfredo Spronieri
E’ calato il sipario al parco del Torrione, zona Pigneto, sul Fire 24: il Festival completamente autofinanziato dedicato all’inchiesta e al reportage giornalistico. Durante quattro giorni di lavoro, organizzati dal Centro di Giornalismo Permanente, sono stati affrontati i temi della migrazione, i conflitti in corso su scala internazionale, le crisi climatiche, i diritti sessuali e riproduttivi, il carcere, il diritto alla casa, le periferie e tanti altri argomenti relativi a problematiche sociali.

Per l’occasione siamo entrati in contatto con Alfredo Spronieri, un giornalista del Cgp, a cui abbiamo rivolto alcune domande:
Perchè e come nasce il Centro di giornalismo permanente?
Il Cgp nasce nel 2018 da un’idea di ex studenti e studentesse della scuola di giornalismo Lelio Basso di Roma per cercare di trovare risposte collettive alla condizione di precarietà strutturale nella quale si trovano i giornalisti che cercano di raccontare sul campo le questioni più rilevanti del nostro tempo. Lavori approfonditi, formazione costante ed accessibile, eventi gratuiti e aperti al pubblico, sono stati i pilastri sui quali si sono basate le nostre attività.
Avete una sede al Pigneto? Perchè proprio li?
La nostra sede legale si trova a Via della Dogana Vecchia nelle strutture della Fondazione Basso, mentre a San Lorenzo in via dei Campani abbiamo la nostra sede operativa, un coworking con 12 postazioni che utilizziamo per lavorare insieme e per riunirci. Nel quartiere Pigneto (due anni al Giardino Galafati e nell’ultima edizione al Parco del Torrione) abbiamo organizzato tre edizioni di Fire, festival di inchiesta e reportage giornalistico.
Dopo cinque/sei anni di attività del centro siete riusciti a combattere il precariato giornalistico?
Il Centro di giornalismo permanente fin dalla sua nascita si adopera per sostenere i freelance nelle spese di realizzazione dei loro progetti giornalistici sul campo. Grazie all’apertura di bandi interni abbiamo investito risorse nel finanziamento di inchieste, dossier e reportage in molti scenari del mondo, mentre con la partecipazione a bandi e a programmi di finanziamento abbiamo trovato le risorse per realizzare lavori collettivi di ampio respiro sui temi che riteniamo doveroso approfondire. Questo nostro impegno prosegue con rapporti e incontri con realtà simili alle nostre in Italia e in Europa, per immaginare nuove strategie e collaborazioni che possano rompere l’isolamento nel quale molti colleghi e molte colleghe, spesso giovani, oggi si trovano ad operare.
Leggiamo che voi non operate a ritmi di cronaca. Cosa volete dire con questo?
Non inseguire i ritmi della cronaca significa prendersi il tempo per andare più in profondità delle questioni che ci interessano: stare più tempo in un posto, raccogliere più punti di vista, cercare di capire meglio possibile la realtà che cerchiamo di rappresentare senza contribuire all’overload informativo e alle strategie acchiappa clip che caratterizzano una parte del mainstream giornalistico odierno.
Collaborate con testate internazionali o vi limitate all’italia? In questo caso a quali fate riferimento?
Lavoriamo con riviste italiane e estere, collaboriamo stabilmente con organizzazioni transnazionali per coprire al meglio scenari complessi. In questi anni i progetti giornalistici del Cgp e dei suoi membri sono usciti per Der Spiegel, Le Monde, The Guardian, solo per citare i più noti.
Fate anche reportage su territorio estero o utilizzate agenzie o network internazionali?
In sei anni abbiamo realizzato 25 inchieste, 22 Podcast, 67 Reportage, 191 Articoli, 42 audiovisivi e 4 Documentari. Tutti sono stati realizzati sul campo e molti di questi dall’estero, dove alcuni nostri associati operano in pianta stabile. Non abbiamo particolari sistemi di appoggio con agenzie, al cui lavoro ci approcciamo per la verifica dei fatti, come avviene normalmente quando sei sul campo a coprire un particolare evento o scenario di crisi.
Come è andato il Festival Fire 24? Quali altre iniziative avete in programma?
L’edizione 2024 di Fire, organizzata insieme a Sparwasser, A Buon Diritto e Irpimedia, si è appena conclusa con ottimi risultati di partecipazione e di connessioni con il territorio. Ci siamo concentrati come ogni anno sui diritti umani e civili, migrazioni, periferie, violenze di genere, povertà educativa e crimini ambientali non solo sul territorio nazionale, ma in diverse zone di crisi del mondo, dall’Est Europa al Nord Africa fino al Sud America. Ripartiremo proprio da questi temi dopo l’estate con nuovi workshop formativi e con lavori che ci vedranno impegnati a preparare una nuova edizione del nostro Festival, per creare un momento di incontro e confronto sui temi che ci stanno a cuore.