Nei labirinti dell’immaginazione

Come la realtà virtuale si riflette nel nostro quotidiano 

 

Vorresti vivere un’esperienza oltre l’essenza fisica? Faresti un giro tra paesaggi fantastici, ti piacerebbe esplorare città futuristiche o partecipare ad avventure leggendarie? 

Sembra assurdo ma si è arrivati a poter trasformare la propria stanza in un universo parallelo in cui avvengono fenomeni eccezionali. È possibile immergersi in un mondo immaginario e sorprendente in cui rimanere coinvolti grazie all’ausilio di un visore o di caschi su cui viene rappresentata la scena. Inoltre vengono riprodotti dei suoni con degli elettrodi posizionati sul proprio corpo o dei guanti (Dataglove), dotati di sensori per simulare stimoli tattili e tradurre i movimenti in istruzioni per il software. 

 

Sono anni che si sente parlare di realtà virtuale, la simulazione digitale straordinaria che ci consente di entrare in una dimensione parallela, apparentemente reale, semplicemente adoperando un dispositivo ottico, usato per visionare oggetti o immagini in condizioni speciali. La Virtual Reality sta rapidamente trasformando il modo in cui interagiamo con le cose create esistenti, offrendo pratiche immersive in gaming, terapia e intrattenimento.   

Questa nuova tecnica utilizza immagini tridimensionali e suoni avvolgenti per creare un’avventura intrigante nota anche con il nome di “embodiment”. L’esperienza può portare a una varietà di effetti negativi a livello psicologico, ma i meccanismi dell’incarnazione (Embodiment) sono stati studiati a tutto campo poiché questo fenomeno coinvolge i sensi, il controllo motorio, la propriocezione e l’interocezione. Un esperimento fatto che attesta proprio la correlazione tra la percezione e l’ambiente digitale è quello svolto dai neuroscienziati americani Botvinick & Cohen  nel 1998. Altre ricerche che sono state fatte sulla percezione del proprio corpo riguardano il comportamento. I pionieri della ricerca nell’ambito della Virtual Reality Yee & Bailenson (2007) hanno condotto uno dei più importanti studi sugli effetti delle rappresentazioni virtuali personalizzate (Avatar) rispetto all’autostima e al comportamento interpersonale degli utenti. 

Questo tipo di esperienza però non è per tutti. Un uso o abuso di questa tecnologia può causare un insieme di problemi sia a livello fisico che a livello cognitivo. Infatti dietro l’entusiasmo per le sue potenzialità, si nascondono conseguenze dannose che meritano un’attenta considerazione. 

Ultimamente si sta sentendo parlare di una malattia da realtà virtuale (malattia VR), che si verifica quando l’esposizione a un ambiente virtuale determina sintomi simili a quelli della cinetosi, un disturbo neurologico che provoca nausea e vertigini quando ci si muove. Questa non è una patologia “fisica” nel senso tradizionale del termine, ma piuttosto un insieme di sintomi che potrebbero manifestarsi dopo l’utilizzo del software. È simile al mal di movimento (mal d’auto, mal di mare, mal d’aereo), ma con alcune differenze. Non è una condizione medica diagnosticabile in sé, ma piuttosto una risposta ostile a nuovi impulsi sensoriali. 

Un’ulteriore questione riguarda l’assuefazione all’isolamento, quando gli utenti, esagerando con la VR,  sono esposti a dipendenza. Infatti, se si trascorrono molte ore in questa attività “fittizia”, a discapito delle interazioni sociali concrete, del lavoro e delle attività quotidiane, è possibile riportare effetti negativi. La VR in aggiunta a un’eccessiva solitudine è in grado di avere esiti gravosi sulla salute mentale, fisica e sociale, portando a depressione, ansia e deterioramento dei rapporti interpersonali. In seguito esperimenti di VR, particolarmente violenti o spaventosi, possono scatenare o aggravare problemi psicologici preesistenti, come ansia, fobie e disturbi da stress post-traumatico (PTSD). 

Oltre questo ci sono disturbi del sonno: l’esposizione alla luce blu emessa dagli schermi riesce a interferire con il ritmo cardiaco e causare insonnia.  

Un’altra difficoltà è la distinzione tra realtà e cosmo virtuale. Per quanto riguarda le patologie “sociali”, dicevamo, vi è il degrado delle relazioni tra soggetti, al quale si aggiungono le difficoltà di comunicazione e quindi l’interazione dal vivo con le altre persone.  

Cosa del tutto inedita è che purtroppo anche nella VR è possibile subire aggressioni verbali, molestie e Cyberbullismo e qualcuno ha addirittura affermato: violenza sessuale. Sebbene il contesto sia immaginario, il contraccolpo per la vittima può avere reazioni molto tangibili e deleterie. La natura stessa di questa recente tecnologia rende difficile la gestione e la prevenzione di tali atti. L’anonimato degli utenti, la mancanza di partecipazione diretta e la difficoltà nel tracciare e identificare gli aggressori rendono la risposta a questi crimini più complessa rispetto alla realtà. In più le piattaforme VR spesso non hanno meccanismi di moderazione adeguati e tempestivi per affrontare queste questioni. 

La realtà illusoria offre un panorama di possibilità e di innovazione assai ricco, però ci obbliga a fare una riflessione sulle sue potenziali eventualità negative. I danni fisici, psicologici, le problematiche etiche richiedono un’attenzione maggiore, affinché questo nuovo programma di simulazione possa essere vissuto a pieno e in sicurezza.