Mobbing e stress sul lavoro

Secondo la Treccani, mobbing “dall’inglese to mob «affollarsi, intorno a qualcuno», ma anche «assalire, malmenare e aggredire»” è un termine usato “in etologia per indicare il comportamento messo in atto da un gruppo di potenziali prede (per es. uccelli passeriformi) nei confronti di un predatore (per es. un falco), per intimorirlo e dissuaderlo dall’attacco”. Il termine è stato poi adattato dalla sociologia e psicologia del lavoro per indicare una “forma di molestia psicologica esercitata sul personale delle aziende, consistente nell’impedirgli di lavorare o nel porgli insopportabili costrizioni nello svolgimento del lavoro”.

Ci sono diverse forme di mobbing, secondo la teoria psicologica: “verticale” quando la condotta mobbizzante parte dal superiore gerarchico; “orizzontale”, quando le aggressioni o vessazioni provengono dai colleghi di pari grado della vittima; “ascendente”, quando è superiore a essere mobbizzato dai suoi sottoposti; “di genere”, quando le discriminazioni sono di natura sessuale, principalmente rivolto a donne. Sempre relativo allo stress nell’ambiente di lavoro c’è lo straining, una condizione psicologica dove le vessazioni possono essere intermittenti, rendendo più difficile la sua identificazione e denuncia.

In assenza di una definizione normativa e una legge che preveda la tutela da mobbing sul lavoro, nell’ordinamento vigente il fenomeno può essere inquadrato nella disposizione dell’art. 2087 codice civile, che impone al datore di lavoro di tutelare non solo l’integrità fisica, ma anche la «personalità morale» del dipendente. Recentemente, la Cassazione Civile, con sentenza 17 aprile 2019, n. 10725, “ha stabilito che, ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo, l’elemento qualificante, che deve essere provato da chi assuma di avere subito la condotta vessatoria, va ricercato (…) nell’intento persecutorio che unifica i atti: ne consegue che è legittima la condanna inflitta al datore per il risarcimento del danno da mobbing laddove la condotta persecutoria si è esplicata nelle continue e pressanti richieste di chiarimenti al dipendente sulle sue assenze per malattia e sulle cure mediche, nella privazione della parte più rilevante delle mansioni al rientro dalla malattia e nella richiesta di dimissioni rifiutata dal medesimo”. Ciò nonostante, un vero passo avanti nel definire il mobbing come una malattia psicologica sarebbe il suo riconoscimento nell’ambito delle tutele della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.

Il fenomeno del mobbing si riscontra spesso anche in Italia e secondo i dati del ministero degli Interni, il mobbing è esercitato maggiormente nell’ambito del pubblico impiego più che tra i dipendenti privati.

Le sue principali caratteristiche sono: la natura sistematica delle condotte mobbizzanti che si protraggono per almeno sei mesi, il cui fine è isolare il dipendente fino ad indurlo alle dimissioni; il contenuto delle condotte mobbizzanti tale da danneggiare la figura professionale del dipendente e la sua dignità di persona umana.

Dai comportamenti di mobbing possono derivare danni biologici, morali ed esistenziali, risarcibili solo in forma equitativa (art. 1226 e 2056 c.c.), salva la dimostrazione di specifici danni patrimoniali. In particolare, sono molteplici le patologie psichiche e fisiche cui conduce il mobbing, per esempio: depressione, ansia, attacchi di panico; perdita di autostima e tendenza all’isolamento; ipertensione arteriosa e problematiche dell’apparato cardio-vascolare; disturbi intestinali e allo stomaco; problemi alla pelle e malattie autoimmuni. 

Così, il danno alla salute del dipendente causato dall’ambiente di lavoro può portare al risarcimento del danno da mobbing, sia patrimoniale, rappresentato da tutti i costi diretti sostenuti dal dipendente a causa delle conseguenze negative del mobbing (costi delle visite mediche e specialistiche, degli esami medici, dei medicinali acquistati); sia non patrimoniale, rappresentato specificamente dal danno biologico, ovvero dalla lesione dell’integrità psico-fisica del dipendente, valutata solo all’esito di una perizia medico-legale che indichi il danno subito.

Juliana Azevedo