La maternità è un universo costituito da progetti, aspirazioni, attese, cambiamenti. È un momento di novità e riprogrammazione della vita e delle relazioni. È il passaggio che precede la famiglia, nel quale si procede anche alla risignificazione di sé e del mondo. Quando però la maternità è vissuta congiuntamente all’esperienza lavorativa sono chiamate in causa molteplici dimensioni e si incontrano delle difficoltà che ostacolano la vita delle donne. Queste ultime sono lasciate sole a vivere l’esperienza di madre, ad affrontare difficoltà organizzative.
Si sentono casi in cui i datori di lavoro a volte licenziano donne in aspettativa e la maternità diventa “un problema” della futura madre e non più una questione del nostro contesto sociale. Tant’è che molte donne che hanno come prospettiva la formazione di una famiglia non sono ben viste ai primi colloqui di lavoro poiché eventuali gravidanze o la presenza di figli piccoli, che magari hanno bisogno di attenzioni che vanno al di là del lavoro (si sentono male a scuola improvvisamente e le madri devono andare a prenderli), comportano conseguenze negative sulle carriere lavorative.
La maternità è diventata una battaglia da portare avanti per affermare i propri diritti, i diritti delle donne che lavorano e che vorrebbero continuare a farlo senza subire umiliazioni quando decidono di mettere al mondo un bambino e di formare una famiglia. Invece, in Italia come in nessun altro paese europeo, lavoro e maternità rischiano di diventare inconciliabili. Molte donne con un lavoro fisso, tornando in ufficio o in fabbrica sono emarginate, subiscono terrore psicologico, sono spinte a dimettersi. Anche l’eccessiva rigidità sugli orari sembra una scusa per arrivare a scontri e incomprensioni. Per non parlare del congedo di maternità che dovrebbe essere un diritto, invece sembra esser diventato un privilegio. Le cifre parlano chiaro: una mamma su cinque al rientro in azienda non ritroverà il suo posto di lavoro. Ma quello che fa più paura è che ci sono mamme precarie che per non essere lasciate a casa sole col pancione non di rado sono costrette a rinunciare alla loro maternità. Queste riflessioni sono presenti nel libro di Chiara Valentini “O i figli o il lavoro”.
Save The Children ha voluto affrontare questo tema in un recente report chiamato Le equilibriste per mettere in luce la condizione delle mamme in Italia che si trovano in una posizione di svantaggio. Essere genitori non può rallentare lo sviluppo del Paese, è assurdo solo pensarlo. Le donne hanno competenze valide che vanno impiegate e poi l’altro problema è che se non si favorisce la natalità in Italia si bloccherà la crescita del Paese. La natalità infatti è bassa e l’invecchiamento della popolazione è rapido.
Nel rapporto informativo viene chiarito che il 42,6% delle madri tra i 25 e i 54 anni non è occupata e il 39,2% con 2 o più figli minori è in contratto part-time. Insomma, il lavoro femminile è in bilico tra l’instabilità e la precarietà. È come se le donne fossero costrette a scegliere o la prole o il lavoro, ovviamente questo sul posto di lavoro non può essere esplicitato così perché il diritto al lavoro delle donne è tutelato dalla Costituzione che dà gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Anche se questa parità non è stata ancora raggiunta perché in molti lavori l’uomo è pagato di più… Altri dati importanti che ritroviamo in questo documento di Save The Children è che in questa situazione le donne scelgono di diventare madri sempre più tardi e fanno sempre meno figli senza contare che il 42,6% delle donne con figli tra i 25 e i 54 anni risulta non occupata. E non sono poche nemmeno le donne che hanno dato le dimissioni sul posto di lavoro a causa di impegni familiari perché non sono state supportate.
È stato un bel segno che Save The Children ha redatto questo documento in vista della festa della mamma. Una festa che in generale è molto sentita. Allora uniamoci per dire grazie alle nostre madri e a tutte le madri del mondo che per i figli fanno e hanno fatto tanti sacrifici. La maternità mette in crisi, come abbiamo analizzato dal punto di vista lavorativo, ma non solo per quello. Ci vogliono molte caratteristiche per essere definite “buone madri” e per noi figli non sarà mai abbastanza. Ci auguriamo che venga colmato il divario uomo-donna dal punto di vista lavorativo ed economico. Perché attraverso noi ci sia una realtà più giusta ed equa.
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