“Minimo sforzo massimo rendimento” diceva il principio di Pareto, importante economista della seconda metà dell’Ottocento. Egli sosteneva che era necessario ottimizzare i tempi e i consumi, in economia questo è fondamentale al fine della produzione. Questo principio non può essere applicato a ogni aspetto della vita, eppure sembra esser diventata la visione comune del mondo. Il nostro obiettivo è ridurre la fatica qualunque cosa facciamo, nel tentativo di risolvere tutto nel minor tempo possibile. Per alcuni questa è un’ossessione. Il motivo è che oggi nessuno ha tempo in una società così opulenta dove tutto ha un prezzo. Persino il tempo libero non è veramente tale, giacché vissuto con una certa ansia e con il pensiero fisso di rendere produttive anche quelle ore. Il flusso del tempo nella nostra società sembra essersi decisamente velocizzato e ci sfugge via senza nemmeno che ce ne accorgiamo. Ci hanno detto che il tempo è denaro, così il denaro è diventato il padrone del nostro tempo. Più andiamo avanti e più vediamo crollare le nostre certezze. Poi ci chiediamo che futuro avremo.
Nel lavoro cerchiamo di dare il meglio di noi stessi, miriamo più in alto possibile, tentando di essere efficienti, mettiamo in gioco tutte le nostre risorse per ottenere risultati migliori. Prima pianifichiamo tutto e dopo passiamo all’azione, ma nella vita di tutti i giorni ci circondiamo di comfort in eccesso, spendendo soldi per apparecchi o elettrodomestici che fanno cose al posto nostro. Evitiamo consumo di energia. Sempre più persone hanno un lavoro, ma sono sempre meno quelle che hanno la vita che vorrebbero. Magari circondandosi di cianfrusaglie ci si convince di essere felici, eppure non è così.
Ma come mai sul posto di lavoro il nostro obiettivo è la performance, l’efficienza, massimo impegno per battere la concorrenza e nella vita di tutti i giorni è il risparmio energetico? Scegliamo la via più breve e che ci fa faticare di meno. Perché quando ci sono le scale mobili tutte le persone si affollano per prenderle? E non mi riferisco di certo agli anziani o a chi ha problemi di mobilità. Magari a fare le scale a piedi si fa anche prima. Perché ormai facciamo tutti i conti con la calcolatrice? Perché su carta ci vuole di più. Perché molti di noi in cucina hanno il Bimby? Questo non è un inno contro il progresso, perché la tecnologia ha davvero cambiato il mondo, prendiamo ad esempio l’industria. Se l’uomo non avesse inventato macchinari come quelli agricoli, oggi gran parte della popolazione mondiale farebbe fatica a sfamarsi o a fare approvvigionamento alimentare.
È importante distinguere l’innovazione tecnica e scientifica, che come conseguenza ha portato a una effettiva crescita economica, dalle ultime novità in campo tecnologico, che ben presto creeranno disoccupazione. Intanto si accontentano di sostituire l’uomo nelle proprie azioni quotidiane. Ormai tutti conosciamo gli assistenti virtuali quali Google Home, Alexa, Siri e Cortana. Con pochi comandi vocali questi dispositivi fanno o cercano cose al posto nostro, basta chiederglielo. Con Alexa che aziona la macchinetta del caffè e Siri che legge il meteo non dovremmo più pensare a nulla, se non al fatto che stiamo diventando sempre più pigri e dipendenti da questi marchingegni infernali, che durante il boom economico ci saremmo sognati di avere. Non siamo più abituati al sacrificio, neanche quando questo è orientato a tenere attivi mente e corpo, salvaguardando la nostra salute fisica e mentale. Se un lavoro è noioso ce ne sbarazziamo, tra pochi anni avremo un robot per ogni cosa. Vogliamo tutto pronto. Per non parlare del consumismo che ormai è il nostro stile di vita da decenni: guardiamo una cosa e la vogliamo comprare. Tutto e subito. Le nostre necessità sembrano sempre più impellenti, i bambini in particolare non sanno più aspettare. Probabilmente, da una parte ci siamo abituati a troppe comodità, magari abbiamo paura che con meno di quanto abbiamo non potremmo vivere. Ad ogni modo quella che negli anni Sessanta era considerata fantascienza oggi è realtà. Complice la strategia dell’obsolescenza programmata adottata dall’industria, secondo cui qualsiasi bene di consumo (dispositivi elettronici in primis) viene pensato e fabbricato per deteriorarsi in un arco di tempo prefissato.
Non sempre cambiamento è sinonimo di progresso. La tecnologia ha mutato il senso del tempo e ci sta abituando a pretendere risultati immediati. Pensiamo alla rapidità tra un messaggio e l’altro, sappiamo quanto tempo impiega ad arrivare al destinatario e in quanto tempo avremo la nostra risposta e non siamo disposti ad aspettare un secondo di più. Oppure quando ordiniamo cibo a domicilio o un pacco su internet. Anche noi siamo un po’ delle macchine multi-funzionali: donne che si truccano alla guida; chi mangia un panino mentre cammina per andare a lavoro, che manda e–mail mentre parla al telefono. Ma è sano tutto questo? In più a complicare le cose c’è l’incertezza verso il futuro, un futuro a cui non pensiamo abbastanza e a cui non siamo preparati. Se ragionassimo di più sul futuro che ci stiamo costruendo, potremmo intuire cosa ci aspetta domani. Questo permetterebbe a tutti noi di prendere delle decisioni migliori in ogni ambito della vita.