«A scuola i ragazzi fanno sempre più fatica a scrivere a mano. Soprattutto l’uso dei cellulari, per comporre brevi messaggi, ha reso il loro modo di scrivere più breve. Tendono a fare temi sempre più corti, a stancarsi sempre di più perché non fanno esercizio, inoltre non curaro più la calligrafia e l’ ortografia». Queste sono le parole di Sara P., insegnante di italiano alle scuole medie di un istituto di Roma. Ebbene sì, questa è una chiara testimonianza di come la tecnologia influenzi bambini e adolescenti nell’approccio alla scrittura. Meno si scrive e più ci si sforza. Ai tempi dei nostri nonni, negli anni Trenta e Quaranta, a scuola, con pazienza, ci si teneva a insegnare e curare la calligrafia di ogni bambino. A volte gli insegnanti erano talmente severi che davano persino bacchettate sulle mani o adoperavano altri tipi di punizioni. Come è cambiato il mondo in pochi decenni! Oggi, complice un po’ di svogliatezza, non siamo più abituati a scrivere, dal momento che, nel XXI secolo, alla carta si preferisce il touch screen e alla penna qualche audio-messaggio. Tablet, smartphone, laptop, PC, notebook: in queste parole è quasi racchiusa la nostra vita. È incredibile ma, nonostante l’uomo scriva da circa 5000 anni, oggi potremmo asserire che scrivere a mano sta lentamente divenendo cosa desueta. Ci si appunta tutto nelle note o nel calendario del cellulare, non si usano più nemmeno le agende, la maggior parte delle persone non porta neanche più una penna con sé. Oggi per diffondere un messaggio bastano pochi click e in un attimo finisce sul web, condiviso con milioni di persone. Con il progresso tecnologico, si sono spalancati di fronte a noi nuovi scenari. Ma ogni cosa ha lati positivi e negativi. Perché sforzare il polso quando una macchina può scrivere per noi? Chi ha bisogno di copiarsi due righe, ora preferisce usare la fotocopiatrice o addirittura fare delle foto con il proprio smartphone. C’è forse qualcuno che, anziché mandare una e-mail o un messaggio, invia una lettera scritta di proprio pugno? Quante cose ci perdiamo: l’odore della carta invecchiata, il colore acceso dell’inchiostro appena impresso.
Stanno crescendo sempre più negli ultimi anni i bambini che, in età scolare e prescolare, presentano una scrittura eccessivamente disordinata, con un alto grado di indecifrabilità. Scritture tali facilmente mostrano altre alterazioni patologiche. Ecco, in casi come questo si parla di disgrafia. Non è più una questione di indolenza da parte dell’alunno, bensì dietro vi è un disturbo dell’apprendimento grafo-motorio, diagnosticabile dalla fine della seconda classe della scuola primaria. Esso va a influire su altri fattori, creando talvolta un vero e proprio disagio. Negli ultimi tre anni si è avuto un cospicuo aumento di questa problematica: secondo fonti del Ministero dell’Istruzione, nel 2017 si è avuto un aumento del 350 % rispetto ai 7 anni precedenti.
Il primo segnale d’allarme che rivela la disgrafia è l’illeggibilità, non solo per il lettore ma per la persona stessa che scrive. Il secondo è il disordine spaziale, ovvero le parole appaiono disallineate e la disorganizzazione dello spazio porta il bambino a fallire in materie come la matematica, perché non riuscendo a incolonnare bene i numeri sbaglia i calcoli. La disgrafia non è un disturbo che tocca il quoziente intellettivo. Si può intuire che qualcosa non va già da come il bambino si scrive: la postura e l’impugnatura della penna scorrette possono provocare vera e propria dolenza; un’altra peculiarità è la lentezza che non gli permette di stare al passo coi coetanei; oppure l’impulsività nello scrivere che, in modo involontario, gli fa confondere le lettere tra loro.
Coltivare l’abitudine di scrivere manualmente, in generale, è considerevole anzitutto per migliorare lo sviluppo cognitivo: nel cervello si attivano circuiti nervosi unici che, oltre a favorire la memorizzazione e la creatività, facilitano la lettura (prevenzione della dislessia) e la produzione delle parole. I mezzi tecnologici, che tutti noi possediamo e che ci permettono di stare al passo coi tempi, se usati nei primi anni di vita di un bambino (l’accesso a pc, tablet e smartphone), precludono la connessione neuro-cerebrale tra pensiero e manualità, creando ritardi nello sviluppo del linguaggio parlato e scritto.
Si può senza dubbio affermare che scrivere a mano comporta dei benefici che digitare sulla tastiera invece non dà. Per esempio, molti bambini sono più veloci nello scrivere a mano un tema piuttosto che al computer e ottengono dei risultati migliori. La motivazione è che usando carta e penna attiviamo specifiche facoltà mentali e aree cerebrali. Gli alunni che scrivono molto al computer tendono a fare inoltre errori di ortografia, una spiegazione potrebbe essere che digitando si ricorre ad abbreviazioni tipiche del linguaggio dei social e si soprassiede nell’utilizzo della punteggiatura, delle maiuscole, degli accenti e degli apostrofi. Inoltre, si perde la capacità di scrivere frasi più lunghe e articolate, che si tendono a evitare perché richiedono maggiori abilità ortografiche. Quando si scrive a mano, il cervello è costretto a usare con attenzione le proprie abilità visive, motorie e costruttive. Dunque quando il soggetto rilegge ciò che ha scritto si auto corregge oppure, se in presenza di qualcun altro, viene corretto a sua volta ricevendo un feedback, per esempio dal professore. Al contrario, cellulari e computer “ragionano per noi”, correggendo i nostri errori (si pensi al correttore ortografico automatico e al t9), spesso senza che ce ne rendiamo conto, togliendoci la possibilità di imparare qualcosa di nuovo.
Un altro capitolo è l’utilizzo del corsivo e il suo apprendimento. Alcuni maestri delle scuole primarie preferiscono rimandare alla fine del primo anno l’insegnamento del corsivo, poiché sono della convinzione che i bambini, provenienti dalla scuola dell’infanzia, non abbiano ancora acquisito la manualità necessaria per abbandonare lo stampatello. Il problema è che il corsivo non ci si abitua a usarlo nemmeno dopo la scuola secondaria di primo grado. La scrittura in corsivo dà l’idea di essere lenta, mentre lo stampatello pare consentire di risparmiare tempo, ma spesso è vero il contrario. I benefici del corsivo sono svariati e dimostrano che è fondamentale apprenderlo, anche se non è chiaro il vantaggio cognitivo che comporta rispetto allo stampatello. Ci sono ricerche che attestano come il corsivo richieda una coordinazione tra l’occhio e la mano, e si è visto che questa capacità motoria è di aiuto agli alunni dislessici e a chi ha problemi di disgrafia.
Ad ogni modo, in questi ultimi anni, riguardo la disgrafia si sono fatti passi avanti, puntando principalmente sulla prevenzione. Talora ci sono bambini che hanno più difficoltà degli altri a livello motorio e percettivo, se questi riescono, grazie alla rieducazione, a raggiungere un buon livello di scrittura, significa che non si tratta di vera e propria disgrafia. Prevenire una problematica come questa, nella scuola primaria, è di sostanziale importanza. È bene sottolineare che, se la disgrafia è così diffusa, non possiamo andare a ricercare cause soggettive in ogni bambino, bensì ci saranno cause ambientali, tra cui le più notevoli sono certamente legate al metodo di insegnamento. Ecco perché è essenziale che il bambino cominci a disegnare e scrivere fin da subito. Con carta e penna possiamo lasciare una traccia del tutto personale del nostro “io” nel mondo. La nostra calligrafia rappresenta qualcosa di prettamente soggettivo, unico e irripetibile, che ci distingue proprio come il timbro di voce e le impronte digitali. Dovremmo spiegare a un ragazzo che anche nella propria calligrafia, nella propria firma, può trovare la sua personalità.