Valorizzare l’individuo e la comunità in cui vive, sono questi i pilastri fondamentali per una società giusta e solidale. L’obiettivo dell’istruzione è garantire a tutti opportunità nel mondo, consentendo loro di sviluppare le proprie inclinazioni e capacità. Questo è il sunto del pensiero di don Lorenzo Milani, che denunciò la natura classista dell’istituzione scolastica italiana e a metà degli anni Cinquanta fondò sulle colline toscane una scuola popolare per ragazzi poveri, figli di operai e contadini.
Nella sesta edizione del festival Treccani della Lingua Italiana, che si è tenuto per la prima volta nel quartiere romano della Garbatella, si è parlato proprio della figura del sacerdote e maestro di Barbiana in occasione del centenario della sua nascita.
Durante la conferenza “ Lo stupore dei bambini:100 anni di don Milani”, la scrittrice Vanessa Roghi ha fatto una breve introduzione sulla biografia di don Milani e due insegnanti ,che spendono la loro vita seguendo il pensiero e la pedagogia del prete di Barbiana, hanno dato la propria testimonianza.
La vita:
Don Lorenzo Milani (27 maggio 1923- 26 giugno 1967) fu un sacerdote e pedagogo italiano, noto per la sua attività di educatore e per la sua lotta contro l’ignoranza e l’oppressione.
Nato a Firenze da una famiglia borghese, Milani studiò al seminario della città natale e poi alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, dove si laureò in teologia nel 1947. Dopo l’ordinazione sacerdotale, fu assegnato alla parrocchia di San Donato a Calenzano, un quartiere povero della periferia fiorentina.
Qui don Lorenzo iniziò la sua attività di educatore, fondando una scuola per i bambini del quartiere e organizzando corsi serali per gli adulti. La sua pedagogia si basava sull’idea che l’educazione dovesse essere un’esperienza concreta e partecipativa, che coinvolgesse gli studenti nella vita della comunità e li aiutasse a sviluppare la loro coscienza critica.
Milani divenne presto un punto di riferimento per i giovani del quartiere, che lo consideravano un amico e un mentore. Nel 1954 fondò la “Scuola di Barbiana”, una scuola per ragazzi che non avevano accesso all’istruzione pubblica. Qui applicò la sua pedagogia innovativa, basata sull’uso di materiali concreti e sulla partecipazione attiva degli studenti.
La scuola di Barbiana divenne famosa in tutta Italia e attirò l’attenzione dei media e delle autorità. Milani fu criticato e perseguitato dalle autorità ecclesiastiche e politiche, che lo accusavano di essere un comunista e un sovversivo. Nel 1967, a soli 44 anni don Lorenzo morì di tumore.
Dopo la sua scomparsa, la figura di Milani divenne un simbolo della lotta contro l’ignoranza e l’oppressione. La sua pedagogia innovativa e la sua dedizione alla causa dei più deboli ispirarono molti educatori e attivisti sociali. Nel 1983, il presidente della Repubblica Sandro Pertini gli conferì la medaglia d’oro al merito civile.
Impossibile non parlare di Lettere a una professoressa, frutto della corrispondenza tra il sacerdote e insegnante Lorenzo Milani e dei suoi allievi. Le missive raccontano la vita quotidiana degli abitanti della piccola comunità di Barbiana, in Toscana, e le difficoltà che gli studenti incontrano nell’accesso all’istruzione. Milani discute anche di questioni sociali e politiche, come la povertà, l’ingiustizia e la guerra, e cercano di trovare soluzioni per migliorare la vita dei loro studenti e della comunità in generale. Il libro è un’opera importante della letteratura italiana e un esempio di impegno sociale e politico nella scuola.
Alcuni interventi hanno sottolineato che questa opera è stata forse la più importante del 1968 anche se, come è stato ribadito, è uscita nel 1967, scritta un mese prima della morte di Don Milani e uscita un mese dopo la sua morte.
Inoltre la sua più importante opera ha avuto un grande impatto sulla pedagogia degli anni ‘60 in Italia. Il libro ha introdotto nuove idee e pratiche pedagogiche, come l’importanza dell’educazione personalizzata e la necessità di coinvolgere gli studenti nella loro formazione. Oltretutto, ha messo in discussione il sistema educativo tradizionale e ha proposto un approccio più umano e inclusivo.
Il libro ha anche portato alla luce le disuguaglianze sociali e l’ingiustizia nell’accesso all’istruzione, spingendo molti insegnanti e attivisti a lottare per un sistema educativo più equo e accessibile a tutti. In seguito, Lettere a una professoressa ha ispirato molti insegnanti a lavorare in comunità rurali e svantaggiate, come quella di Barbiana, e a cercare di migliorare le condizioni di vita dei loro studenti e delle loro famiglie.
In sintesi, il libro ha portato una nuova visione della pedagogia, basata sull’umanità, l’inclusione e l’impegno sociale, che ha influenzato molti insegnanti e attivisti dell’epoca e continua ad essere un’ispirazione per molti oggi, come d’altronde hanno testimoniato gli insegnanti che sono intervenuti durante la conferenza.