Fa bene o fa male?: è uscito il nuovo libro di Dario Bressanini

Un manuale di autodifesa alimentare scritto dall’amichevole chimico di quartiere

Lo scorso 2 maggio è uscito l’ultimo libro del chimico e divulgatore Dario Bressanini, dal titolo Fa bene o fa male?, edito da Mondadori, in cui l’autore smentisce alcune leggende metropolitane riguardo alimenti considerati più o meno sani, o con fantomatiche proprietà, come il cioccolato “dimagrante” (che non fa dimagrire). Dopo Le bugie nel carrello e Pane e bugie, Bressanini pubblica un nuovo lavoro con l’obiettivo di promuovere consapevolezza nei consumatori, sempre più tenuti a destreggiarsi nelle corsie dei supermercati, trovandosi spaesati da slogan pubblicitari e packaging fuorvianti. L’autore fornisce strumenti validi per difendersi dalla disinformazione in campo scientifico, il sottotitolo del libro è infatti Manuale di autodifesa alimentare. “Siamo preda facile di tutti quegli slogan pubblicitari che giocano sulla presenza o sull’assenza di una particolare sostanza” scrive Bressanini. Vediamo spesso diciture come “contiene omega-3”, o “contiene selenio”, su cui l’autore solleva dei dubbi “in quantità nutrizionalmente utili? Ne ho veramente bisogno?”.

Un argomento che sta a cuore al nostro “amichevole chimico di quartiere”, come si definisce Bressanini nel suo profilo Instagram, è quello degli zuccheri liberi, che non vanno demonizzati. Sostituire i datteri allo zucchero bianco nella preparazione di dolci non è né più sano, né più dietetico, poiché “zuccheri di colore e grado di raffinazione diversi hanno le stesse proprietà nutrizionali e lo stesso impatto sull’organismo”. Il modo più valido per verificare il contenuto di zuccheri, così come di grassi e proteine, di un alimento è leggere la tabella nutrizionale.

Un capitolo a sé è dedicato alle bufale sul sale rosa dell’Himalaya: innanzitutto proviene dal Salt Range, in Pakistan, distante qualche centinaio di chilometri dalla catena montuosa più elevata del mondo, ma si capisce che a livello di marketing “Himalaya” è più attraente. Ci siamo mai chiesti perché questo sale è rosa? In poche parole è sporco di ruggine, ci risponde Bressanini. Al suo interno si trovano cloruro di sodio, ossidi di ferro e altre sostanze legate ai residui di mari prosciugati da milioni di anni. Lo scrittore propone agli scettici un semplice esperimento: sciogliere due cucchiai di sale rosa in un bicchiere d’acqua calda, mescolare e aspettare qualche ora. Dopodiché “la soluzione sarà limpida ma sul fondo ci sarà della polvere color ruggine” scrive il chimico, che spiega “l’ossido di ferro infatti non è solubile”. Tirando le somme, il sale rosa non è una buona fonte di ferro, vista la quantità insignificante rispetto al nostro fabbisogno quotidiano; inoltre non è vero che contiene 84 elementi utili al nostro organismo, come si legge in molti articoli, “la Società italiana di nutrizione umana infatti ha dimostrato che non sono più di 24 gli elementi di cui abbiamo bisogno ogni giorno” chiarisce ancora Bressanini, concludendo che il sale rosa contiene tante sostanze (concentrazioni di metalli come rame, zinco, nichel, cadmio, piombo, alluminio, tellurio, manganese, che in alte concentrazioni sono tossiche, ma vista la loro trascurabile presenza nel sale rosa non c’è nessun rischio di avvelenamento), inoltre nessuna di queste è necessaria al nostro organismo, quindi non vi sono motivazioni valide per utilizzare il “prezioso” sale rosa al posto del comune sale bianco iodato.

Un altro dilemma dei nostri tempi è “bevendo l’acqua del rubinetto, ricca di sali minerali e di calcare, mi verranno i calcoli?”. Non giriamoci troppo intorno, la risposta è no. Già da tempo l’Istituto Superiore di Sanità ha smentito questa falsa credenza. Diversi medici consigliano l’acqua di alcune città, come Roma per esempio, prediligendole addirittura a quelle in bottiglia.

Nel libro vengono sviscerati veramente tanti alimenti, dai salumi, all’olio di palma, fino al caffè che protegge dal cancro e che al tempo stesso lo può causare. Bressanini ci dà gli strumenti per imparare a orientarci nei risultati contraddittori delle ricerche scientifiche, ma escludendo già in partenza di trovare delle certezze assolute su ciò che fa bene o fa male.